Larsin aveva ormai raggiunto Syndrieli, e aveva abbracciato
lei e il bambino, come per proteggerli. E andando a passo svelto, li stava
conducendo via da quel delirio collettivo.
Velthur neanche se ne accorse, ipnotizzato da quello che
vedeva, e che non aveva alcun senso.
Scaturirono come delle fiamme dai suoi piedi invisibili,
dall’orlo del suo manto di nebbie scure, ma dopo pochi secondi Velthur capì che
non erano affatto fiamme, ma qualcosa di molto più strano.
Erano come serpenti luminosi, esseri che splendevano di luce
propria, una luce scarlatta, più brillanti ancora del sole che illuminava gli
alberi spogli facendoli sembrare una foresta infernale.
I serpenti di fuoco scarlatto salirono lungo la figura,
attorcigliandosi e divenendo un groviglio che sembrava uscire e agitarsi dalle
spalle, poi lentamente si spensero come delle braci che si estinguono
lentamente nel caminetto, ma lo fecero in modo rapidissimo, divenendo di un
colore grigio plumbeo, simili anch’essi a nuvole temporalesche.
Poi si unirono l’uno all’altro, si compattarono in due forme
che uscivano dall’immenso corpo nero, e divennero due gigantesche ali nere
spiegate.
Allora l’essere gigantesco si librò in volo, sopra la Polenta Verde , e con una
velocità incredibile si innalzò verso le nuvole, scomparendo in lontananza
all’orizzonte come un immenso uccello nero.
Solo allora la
Regina sembrò in certo modo riscuotersi, abbassare le braccia
e volgersi attorno, parlando con i Giganti e con lo Sposo Regale, i quali
sembravano guardarsi attorno anch’essi
sconcertati.
Le urla però continuavano, la maggior parte della gente si
agitava e correva intorno, altri
piangevano rotolandosi per terra, altri si erano rannicchiati ai piedi
degli alberi, guardando verso il cielo, terrorizzati. Altri ancora pregavano,
sempre urlando e piangendo, invocando pietà per le loro cattive azioni e le
mancate opere di devozione agli Dei.
Velthur cercò disperatamente attorno a sé qualcuno che
conoscesse. Larsin e Syndrieli erano scomparsi con il bambino, Menkhu e Harali
chissà dov’erano, dispersi nella folla.
Una parte di lui avrebbe voluto fuggire e basta, l’altra gli
diceva di restare, per cercare di aiutare tutta quella gente che pareva
impazzita, anche se era terrorizzato. Sicuramente ci sarebbero stati dei feriti
o persone colte da malore.
Poi, come era cominciato, tutto finì. La luce rossa
improvvisamente scomparve, sostituita
dalla pallida luce velata di un normale sole della fine di autunno.
La gente urlava ancora, ma gli schiamazzi sembravano
diminuire e tra l’altro la gran parte della folla non piangeva più, non
sembrava più così spaventata. Velthur ebbe l’impressione che la gente attorno a
lui si stesse lentamente svegliando rendendosi conto di essere stata vittima di
un incubo.
Quel giorno sarebbe stato ricordato come il Giorno del
Prodigio Scarlatto, e sarebbe rimasto per sempre come il caso più strano nelle
cronache del regno di Exinedri II.
Ma solo del suo, perché il regno della sovrana successiva
sarebbe stata segnata da eventi anche molto più strani.
CAP. XVII: RIORDINANDO LE IDEE
Velthur, Menkhu, Larsin, Syndrieli, e la madre, i fratelli e
le sorelle di Syndrieli, stavano seduti insieme a tavola in casa dei Ferstran,
dove ci si era riuniti per cercare di parlare di quello che era successo la
mattina del giorno prima.
La campagna e il paese erano state in preda a
un’esagitazione incredibile tutta la giornata, i testimoni del prodigio celeste
avevano affollato i templi per fare offerte
e pregare Sil di rivelare il significato del segno che aveva mandato tramite la
sua immagine fisica, il sole.