Ma proprio quella passione per l’alchimia e per oggetti e
prodotti esotici, aveva in lui un aspetto oscuro e inquietante.
Si diceva che nei sotterranei della sua villa tenesse le
mummie di alcuni Giganti recuperate da profonde tombe sotto le Piramidi di
Khaam, e spesso faceva vedere la sua collezione di oggetti stravaganti
provenienti dalle terre più lontane.
C’era uno dei verdi idoli mostruosi della minacciosa Dea dei
Serpenti di Lankar; un altro idolo mostruoso, fatto a forma di scheletro e interamente
d’oro, proveniente dalla lontana Amentur; ma c’erano anche cose ancora più orrende e
strane.
C’era il teschio e alcune ossa di un essere che, immaginando
che aspetto avesse avuto da vivo, riempiva di sconcerto, perché non rientrava
in niente di sconosciuto.
Il cranio aveva una forma simile a quella dell’uomo, ma
molto più grande e con orbite enormi e stranamente oblique, e con ben tre corna
ancora più enormi, che ricordavano una via di mezzo fra quelle di un capro e
quelle di un cervo.
Le mandibole però erano ancora più sconcertanti, perché non
erano due, ma tre, una superiore e due inferiori, che ricordavano le mandibole
di certi insetti. Inoltre, i denti parevano essere tutti fusi assieme in
un’unica cresta ossea. Mezenthis diceva che proveniva da un lontano paese
deserto dell’Estremo Meridione, dove non esistevano Uomini né genti di altre
stirpi dai tempi del Diluvio.
E c’erano anche cose ancora più orribili, come il corpo di
una donna pietrificata naturalmente, o presunta tale. Il corpo, sempre a detta
dello Shepen di Anxur, era stato trovato in una caverna delle Montagne del
Gigante, a oriente del Veltyan, e alcuni mercanti che commerciavano con le
tribù del posto glielo avevano venduta.
Il corpo non era una statua, perché si vedeva bene dai
particolari delle membra rattrappite e dalle ossa che affioravano qua e là, che
si trattava di un corpo mummificato e poi pietrificatosi per un motivo
sconosciuto. Sulla sua origine e sul perché fosse morta in quel luogo, non si
sapeva nulla.
Il corpo e i lineamenti erano ancora contratti negli spasimi
di una morte che doveva essere stata dolorosa. Vedere quella cosa metteva
un’invincibile angoscia, e Mezenthis sembrava provare un morboso piacere a
mostrarla ai suoi ospiti, soprattutto quelli altrettanto morbosamente
affascinati dalla morte e dall’orrore.
Quanto fosse ricco e potente lo Shepen di Anxur, nessuno
poteva dirlo, si riusciva a capire solo che ricchezza e potenza le sfoggiava
come mai c’era riuscito nessun altro in quell’area prima così depressa.
Perennemente ingioiellato, straordinariamente alto, quasi
come un Sileno, con la testa dalla lunga capigliatura nerissima circondata da
una fascia d’oro alchemico, gli occhi di un grigioargento chiarissimo, che
parevano quasi di ghiaccio e di acciaio, con una vistosissima croce ansata di
smeraldo alchemico al collo che brillava di luce propria ogni volta che la
indossava, aveva sempre un aspetto che dava un senso di soggezione ai
volgarotti sacerdoti e nobili di provincia, che ne rimanevano immancabilmente
affascinati, aldilà del fatto che fosse il fratello prediletto della Regina.
Maxtran invece rimaneva diffidente, soprattutto adesso che
si era convinto che della sua presenza non si sarebbe mai liberato.
La gente si chiedeva perché un Eminente Pontefice del Regno Aureo
si fosse imbucato in quel luogo, perché
anche se il Santuario d’Ambra era diventato un’attrazione per l’intero Veltyan,
non c’era possibilità di paragone con gli splendori e le ricchezze e i
divertimenti delle grandi città del regno.
Maxtran non era sicuro che la cosa fosse dovuta solo alla
stravaganza del personaggio.
Infatti Mezenthis aveva preso subito sotto la sua ala protettrice
Harali Frontiakh, l’adepta dell’eremita pazzo Aralar Alpan, sulla cui morte non
si era mai smesso di favoleggiare.
Con l’aiuto dello Shepen di Anxur, aveva costruito un eremo
sul Monte Leccio, dove erano entrate alcune altre donne. Harali aveva così fondato
un nuovo ordine di sacerdotesse monastiche chiamato le Spose di Sin. Cosa per
niente strana.
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