da tempo. Rivide la sua lontana infanzia, tutta la sua
famiglia, la sua partenza da casa per arruolarsi nell’esercito del Veltyan, le
battaglie della sua gioventù, il suo stabilirsi con la moglie presso la Polenta
Verde e la costruzione della sua casa, la nascita dei suoi figli e il grande
cambiamento della sua vita sette anni prima. Vedeva le immagini dei suoi
ricordi sul fondo di quel piccolo pozzo luminoso, in rapidissima successione
eppure in modo vivido ed intenso, come se ogni istante della sua vita fosse
fissato per sempre nell’eternità, e lui potesse contemplarlo tutte le volte che
voleva. Il tempo stesso, per lui, sembrava essersi fermato, o quasi. Quegli
istanti si stavano dilatando all’infinito.
E in quei momenti di eterna memoria, vide qualcos’altro in
quel piccolo pozzo di luce, nelle fiamme surreali che avvolgevano l’oggetto
misterioso. Come dei ricordi che non erano suoi, ma che venissero da qualche
altra parte, e che pure aveva la sensazione che in qualche modo gli
appartenessero, come se ricordasse un’altra vita, anzi molte altre vite.
Un’immagine stranissima gli si profilò di fronte agli occhi,
come se camminasse in un immenso prato verde, costellato di innumerevoli fiori,
i gigli rossi che crescevano qua e là sulla Polenta Verde da quando era stato
scoperto il Santuario d’Ambra. Una moltitudine infinita di fiori che si
stendeva fino all’orizzonte, e in mezzo ai quali sembrava splendere una cosa
meravigliosa, come una serie di sfere concentriche di cristallo, a tratti
risplendenti, a tratti trasparenti, a tratti specchianti, che riflettevano la
sua stessa immagine e quella del prato infinito, infinite volte, come uno
specchio che riflette un altro specchio. E in quel caos senza fine di immagini
uguali e diverse l’una all’altra, alla fine gli venne un lampo di
consapevolezza. In un istante, seppe cosa stava guardando, nell’ultimo infinito
istante in cui gli furono rivelate tutte le cose.
E fu l’ultima cosa che vide in quella sua vita.
Almeno, nella vita che stava vivendo in quel luogo e in quel
momento.
Poi il suo vecchio cuore si fermò, non potendo reggere
l’immensa emozione.
CAP. XXVIII: LA SIGNORA DEI
GATTI
La mattina dopo, la notizia della morte del gran sacerdote
del Santuario d’Ambra si diffuse rapidamente. Ramthi, la figlia minore di
Maxtran, era corsa dal dottor Laran con un cocchio guidato da uno schiavo, per
dirgli che suo padre era stato trovato presso l’altare del Santuario, steso a
terra con gli occhi sbarrati. Volevano che venisse per capire di cosa fosse
morto, perché sospettavano che potesse essere stato avvelenato.
Quando Velthur arrivò dentro il Santuario d’Ambra, vide il
corpo del kamethei etariakh dove era
stato trovato, steso accanto al fianco destro dell’altare, con gli occhi
sbarrati che guardavano verso l’alto e con accanto la moglie apparentemente
inebetita, che guardava nel vuoto, la figlia Maxileni e lo stesso Mezenthis
che, naturalmente, era stato la prima persona fuori della famiglia ad essere
stata avvertita.
Quella mattina l’Eminente Pontefice di Anxur aveva un’aria
meno ornata e sofisticata del solito. Doveva essersi letteralmente buttato giù
dal letto, quando gli avevano dato la tragica notizia.
«Dottor Laran, contiamo su di voi per aiutarci a scoprire il
mistero di questa morte. Spero che mi direte che si tratta solo di una morte
naturale! Anche se ho non pochi dubbi al riguardo….».
Con un gesto, Mezenthis mostrò tra le sue mani la spada di
acciaio adamantino di Maxtran.
«Questa è stata trovata accanto al corpo. Sembra che l’abbia
sguainata poco prima di morire, come se ci fosse stato qualcosa che l’aveva
messo in guardia. Ma lui apparentemente non ha alcuna ferita».
Velthur si chinò accanto al corpo di Maxtran, osservando
l’espressione che aveva in volto. Un’espressione inidentificabile disegnata su
di un volto pallidissimo e su occhi iniettati di sangue. Non riusciva a capire
se potesse essere stato terrore, o semplicemente sconcerto e meraviglia.
Esaminando il corpo, non trovò nessuna ferita, nessun
livido, nessun graffio. Assolutamente niente.
Nessun commento:
Posta un commento