lunedì 20 marzo 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 352° pagina.


Non ne conosco neanche l’esatto significato. Sicuramente, si tratta di segreti dell’alchimia dei Nani.

Probabilmente, quella che viene chiamata “alchimia cosmica”, perché Aralar una volta mi disse che era il simbolo di un segreto che si trova “oltre le stelle”, e che risale alla più lontana antichità. Mi disse anche che questo ciondolo si chiama “daleth” e che proviene da un’antichissima città ormai scomparsa da molte ere, che si chiamava Daletheia. Un mito di cui non so nulla….».

«Nemmeno io. Quell’uomo sapeva moltissime cose che nessun altro conosce. Come vi dimostrerò fra breve…. ».

Harali non disse niente, ma gli lanciò uno sguardo eloquente. Sapeva che stava per farle qualche rivelazione, e che non le avrebbe detto niente là, con le due guardie di Mezenthis ad ascoltare i loro discorsi.

Una volta a casa sua, nel suo laboratorio medico, il dottore spogliò il corpo di Maxtran e lo adagiò sul suo tavolo inclinato per le operazioni chirurgiche, di fronte al suo specchio anatomico di vetro alchemico, mentre Harali lo osservava.

Le due guardie aspettavano a guardia dell’entrata accanto al cocchio, sorvegliando che nessuno si avvicinasse alla casa del dottore.

«Conoscete gli specchi anatomici, Harali? Questo mi è stato donato dallo stesso Shepen di Anxur, un paio di anni fa. Mi disse che voleva che io avessi tutti gli strumenti che hanno i migliori medici di città, perché potessi essere pronto ad ogni evenienza, dato che sono l’unico medico del paese, con l’afflusso di pellegrini che aumenta sempre più….».

«Certo che li conosco. Per sentito dire, ma li conosco. Stiamo pensando di comprarne uno anche per il nostro eremo. E presto non sarete più l’unico medico della zona, perché ho mandato una delle mie sorelle a studiare medicina ad Enkar, così che il Santuario ne abbia uno pronto ad affrontare ogni emergenza».

«E sapete anche come sono fatti e come funzionano, immagino….».

«Più o meno… fanno vedere l’interno del corpo riflettendone l’immagine, e sono fatti di un vetro azzurro alchemico in cui assieme alla sabbia è stato fuso del mercurio, del rame e polvere di carbone, dopodiché è stata concentrata su di essa la luce della luna e del sole per diversi mesi e operata l’imposizione delle mani per trasmettervi il farthankar di almeno quattro persone ad alta capacità alchemica. E tra l’altro, per parecchie ore, una persona deve sdraiarvisi sopra con un disco di rame con inciso un pentacolo sotto la nuca, per concentrarvi ulteriormente altro farthankar, e per creare un’immediata affinità fra il vetro e il corpo umano. In pratica un processo molto laborioso, lungo e quindi anche molto costoso. Sul loro funzionamento, so che quando si forma l’immagine del corpo al suo interno, le anomalie e le patologie appaiono di colore rosso. Ma non so nulla di come se ne evochino i poteri e come li si governi».

«Sta per scoprirlo. L’ho imparato alla scuola di medicina, quando a noi studenti si permetteva di fare pratica con lo specchio anatomico dell’Alta Scuola di Enkar, anche se poi con tutta probabilità solo una minima parte degli studenti sarà stata in grado di comprarsene uno. Io, mai e poi mai avrei sperato di poterne avere uno. È abbastanza semplice, in fin dei conti».

Velthur aprì uno dei cassetti delle scaffalature lungo le pareti ed estrasse un disco di rame con sopra incisa una stella a cinque punte inscritta in un cerchio. Era un pentacolo, il più comune strumento di azione alchemica che esistesse nel Veltyan. Così comuni, che alla fine la loro riproduzione in miniatura era divenuta la moneta corrente del Regno Aureo.

Lo posò sul petto del morto, e tenendolo fermo con le dita della mano sinistra, cominciò a recitare un mantra evocativo, che ripetuto molte volte serviva a spingere la mente a concentrare il farthankar nel pentacolo, e da lì a rifletterlo nello specchio anatomico.

Dopo alcuni minuti di quella tecnica di opera alchemica, l’immagine del cadavere nello specchio cominciò ad alterarsi, divenendo trasparente. Man mano che il processo avveniva, comparivano gli organi interni, anch’essi vitrei. Si poteva vedere il reticolo delle vene, come un groviglio di ramificazioni azzurrine, mentre tutta la struttura dello scheletro appariva fosforescente.

Quando l’immagine si fu pienamente formata, Velthur cominciò a studiarla, per scoprire la causa della morte di Maxtran.

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