Non ne conosco neanche l’esatto significato. Sicuramente, si
tratta di segreti dell’alchimia dei Nani.
Probabilmente, quella che viene chiamata “alchimia cosmica”,
perché Aralar una volta mi disse che era il simbolo di un segreto che si trova
“oltre le stelle”, e che risale alla più lontana antichità. Mi disse anche che
questo ciondolo si chiama “daleth” e che proviene da un’antichissima città
ormai scomparsa da molte ere, che si chiamava Daletheia. Un mito di cui non so
nulla….».
«Nemmeno io. Quell’uomo sapeva moltissime cose che nessun
altro conosce. Come vi dimostrerò fra breve…. ».
Harali non disse niente, ma gli lanciò uno sguardo
eloquente. Sapeva che stava per farle qualche rivelazione, e che non le avrebbe
detto niente là, con le due guardie di Mezenthis ad ascoltare i loro discorsi.
Una volta a casa sua, nel suo laboratorio medico, il dottore
spogliò il corpo di Maxtran e lo adagiò sul suo tavolo inclinato per le operazioni
chirurgiche, di fronte al suo specchio anatomico di vetro alchemico, mentre
Harali lo osservava.
Le due guardie aspettavano a guardia dell’entrata accanto al
cocchio, sorvegliando che nessuno si avvicinasse alla casa del dottore.
«Conoscete gli specchi anatomici, Harali? Questo mi è stato
donato dallo stesso Shepen di Anxur, un paio di anni fa. Mi disse che voleva
che io avessi tutti gli strumenti che hanno i migliori medici di città, perché
potessi essere pronto ad ogni evenienza, dato che sono l’unico medico del
paese, con l’afflusso di pellegrini che aumenta sempre più….».
«Certo che li conosco. Per sentito dire, ma li conosco.
Stiamo pensando di comprarne uno anche per il nostro eremo. E presto non sarete
più l’unico medico della zona, perché ho mandato una delle mie sorelle a
studiare medicina ad Enkar, così che il Santuario ne abbia uno pronto ad
affrontare ogni emergenza».
«E sapete anche come sono fatti e come funzionano,
immagino….».
«Più o meno… fanno vedere l’interno del corpo riflettendone
l’immagine, e sono fatti di un vetro azzurro alchemico in cui assieme alla
sabbia è stato fuso del mercurio, del rame e polvere di carbone, dopodiché è
stata concentrata su di essa la luce della luna e del sole per diversi mesi e
operata l’imposizione delle mani per trasmettervi il farthankar di almeno quattro persone ad alta capacità alchemica. E
tra l’altro, per parecchie ore, una persona deve sdraiarvisi sopra con un disco
di rame con inciso un pentacolo sotto la nuca, per concentrarvi ulteriormente
altro farthankar, e per creare
un’immediata affinità fra il vetro e il corpo umano. In pratica un processo
molto laborioso, lungo e quindi anche molto costoso. Sul loro funzionamento, so
che quando si forma l’immagine del corpo al suo interno, le anomalie e le
patologie appaiono di colore rosso. Ma non so nulla di come se ne evochino i
poteri e come li si governi».
«Sta per scoprirlo. L’ho imparato alla scuola di medicina,
quando a noi studenti si permetteva di fare pratica con lo specchio anatomico
dell’Alta Scuola di Enkar, anche se poi con tutta probabilità solo una minima
parte degli studenti sarà stata in grado di comprarsene uno. Io, mai e poi mai
avrei sperato di poterne avere uno. È abbastanza semplice, in fin dei conti».
Velthur aprì uno dei cassetti delle scaffalature lungo le
pareti ed estrasse un disco di rame con sopra incisa una stella a cinque punte
inscritta in un cerchio. Era un pentacolo, il più comune strumento di azione
alchemica che esistesse nel Veltyan. Così comuni, che alla fine la loro
riproduzione in miniatura era divenuta la moneta corrente del Regno Aureo.
Lo posò sul petto del morto, e tenendolo fermo con le dita
della mano sinistra, cominciò a recitare un mantra evocativo, che ripetuto
molte volte serviva a spingere la mente a concentrare il farthankar nel pentacolo, e da lì a rifletterlo nello specchio
anatomico.
Dopo alcuni minuti di quella tecnica di opera alchemica,
l’immagine del cadavere nello specchio cominciò ad alterarsi, divenendo
trasparente. Man mano che il processo avveniva, comparivano gli organi interni,
anch’essi vitrei. Si poteva vedere il reticolo delle vene, come un groviglio di
ramificazioni azzurrine, mentre tutta la struttura dello scheletro appariva
fosforescente.
Quando l’immagine si fu pienamente formata, Velthur cominciò
a studiarla, per scoprire la causa della morte di Maxtran.
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