giovedì 23 marzo 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 354° pagina.


Ma c’è una diceria, una leggenda che corre nelle province meridionali, secondo cui nei villaggi di pescatori alle foci dei fiumi, ci siano alcuni Uomini a cui spunta anche ad essi il terzo occhio, perché sarebbero di sangue misto. Si dice che a volte le donne di quelle parti si congiungono con dei Sagusei, generando degli ibridi, dei mezzosangue che appaiono umani, ma che in realtà non lo sono».

«La conoscevo anche io, ma ho sempre pensato che fosse un’assurdità. I Sagusei, fra tutte le Sette Stirpi di Kellur, sono quelle che si distinguono di più dalle altre. Tant’è vero che sono l’unica stirpe che vive nell’acqua. Vorreste farmi credere che Maxrtran e Aralar avevano sangue saguseo nelle vene?».

«Aralar era originario della provincia di Prini, veniva da una famiglia di pescatori, in un paesino nel delta del grande fiume Donarei. Ci sono molti Sagusei da quelle parti….».

«E Maxtran? Lui è di queste parti, la sua famiglia d’origine, i Milesinesh, vive ad Aminthaisan. Non credo che vengano dalla costa…».

«Il suo cognome da celibe era Milesinesh? Quando il nome sembra un destino….».

Si riferiva al fatto che nella lingua dei Thyrsenna “milesinesh” significava “collina del cimitero”. E guarda caso era morto dentro un mauseoleo sotto un grande tumulo.

«Fatto sta, dottore, che qualche spiegazione per questa anomalia bisogna trovarla. Io le consiglierei di esaminare, d’ora in poi, tutti i crani dei suoi pazienti….».

«In questo momento, Reverenda Madre Fondatrice, il mio problema maggiore è cosa rispondere all’Eminente Pontefice Mezenthis e alla famiglia di Maxtran sulle cause della morte di Maxtran. Sarò costretto a dire che è morto per cause sconosciute. Il che, non farà altro che contribuire alle paurose leggende che ormai ci circolano intorno.

La morte di Maxtran avrà conseguenze gravi in ogni caso. La gente dirà che è un segno divino, una prova della collera di Silen, un ammonimento contro la corruzione dei sacerdoti. Lo sapete anche voi. C’è molto rancore per lo strapotere dei sacerdoti fra gli etarna. Soprattutto fra i pellegrini.

Voi direte che sto parlando come un Avennar…. ma tutti gli episodi di contestazione, tutti gli incidenti dovuti ai predicatori fanatici li conoscete anche voi, non si possono ignorare».

«E chi li ignora? Io no di certo. E non li ignora neanche lo Shepen di Anxur. E se gli direte che le cause della morte di Maxtran sono sconosciute, sarà uno smacco per lui. Come avete detto voi, la gente dirà che si è trattata di una punizione divina. In fin dei conti, io credo che speri di sentirsi dire che si è trattato di un avvelenamento. Così potrà dare la colpa ai fanatici, e rivolgere contro di loro il malcontento e la riprovazione del popolo».

«Per poi magari sentirsi accusare da qualche alto sacerdote geloso della sua ingerenza di nascondere la verità per stornare i sospetti da lui stesso! Comunque si voglia trattare questa morte, non si potranno impedire le dicerie e i sospetti. No, io dirò la verità. Se il potente fratello della Regina vuole sentirsi dire una verità di comodo, dovrà affidare la salma a qualche suo medico di fiducia, che gli dimostrerà tutto quello che lui vuole sentirsi dire. Anzi, mi stupisce che abbia voluto affidarla a me».

«Può darsi che sia stato solo per prendere tempo, in attesa di chiamare il suo medico personale, quello che vive nella sua villa, e che in questo momento si trova ad Enkar, a un simposio di medici.

Non per niente ha detto alle sue guardie di portare il corpo alla sua villa dopo la vostra autopsia. So che nelle sue cantine ha delle celle di ghiaccio alchemico, adatte a conservare un corpo per lungo tempo. Prima credevo che fosse solo per evitare la rapida decomposizione, con questo caldo, ma ora penso che il motivo fosse un altro».

«Allora la cosa non mi riguarda più. Io dirò che non sono riuscito a stabilire le cause della morte, e che deve affidarsi al parere di qualcun altro. Ma prima che affidi la salma alle guardie, voglio mostrarvi una cosa, Harali, una cosa che so a cui tenete molto. Venite con me nel mio studio».

Harali lo seguì senza una parola. Probabilmente aveva già intuito cosa voleva mostrarle il medico.

Giunti nel suo studio, Velthur aprì il cassetto segreto nella parete in cui teneva il diario di Aralar.

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