sabato 25 marzo 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 356° pagina.


«No, infatti. Anche perché non credo che quel diario a questo punto mi riserverà così tante sorprese come voi credete. Sapevo che Aralar non era una persona buona, l’avevo capito bene, quando mi sono accorta che il suo sorriso era falso. Posso essere stata ingenua all’inizio, ma non sono mai stata così stupida. E non m’interessava poi tanto. M’interessava quello che faceva, quello che sapeva, non tanto quello che era lui. Ero convinta che, quando mi avesse insegnato tutto quello che sapeva, avrei potuto liberarmi di lui. Certo, era un ingenuità crederlo. Il Fato, o gli Dei, hanno voluto altrimenti.

Certo, a quel tempo non sapevo di cosa fosse capace. L’ho scoperto dopo, nel corso del tempo. Non creda che in questi sette anni io non sia venuta a sapere niente di lui. Ho conosciuto dei suoi amici e dei suoi conoscenti, che sono venuti al Monte Leccio per cercare di sapere di più sulla sua vita e sulla sua morte. Oh, alcuni mi hanno offerto molti pentacoli per sapere cose sul suo conto, e io ne ho approfittato per chiedere informazioni a mia volta, quando non avevo bisogno di chiedere soldi.

C’è voluto parecchio tempo per riuscire a scoprire certe cose, ho dovuto imparare ad essere astuta con certa gente…. Quanto vino fatato ho dovuto offrire, per poter sciogliere le lingue giuste! Ma alla fine sono riuscita a scoprire cose che certamente non sarebbe stato bene che si venissero a sapere in paese. Già la memoria di Aralar non era delle più limpide, non volevo che si arrivasse a gettare il suo corpo fuori della tomba e farlo bruciare pubblicamente come sacerdote indegno!

Non fu facile dover accettare la verità, ma ora so bene che il Reverendo Padre Aralar Alpan, l’uomo apparentemente gentile e amichevole, il monaco dedito solo allo studio, alla ricerca e alla contemplazione dei misteri divini era un ladro, un truffatore e un assassino. Un mostro.

Ma era un mostro geniale, e credeva veramente in quello che stava facendo. L’acquisizione del sapere alchemico per il bene degli Uomini, per la creazione di un mondo nuovo. La stessa cosa in cui credo anche io, senza i suoi metodi violenti e ingannatori.

C’è un segno divino in tutto questo: lui è morto perché non aveva servito questa causa nel modo giusto. Io non farò gli stessi errori che fece lui».

«Mi fa piacere sentirvelo dire. Ma i segreti che sono scritti in questo diario, non riguardano solo i delitti di Aralar, ma anche misteri antichi come il mondo e forse di più, che lui forse aveva scoperto. Se quello che viene descritto qui dentro è vero, Aralar era riuscito ad arrivare agli estremi confini di Kellur, e aveva dato uno sguardo su orrori e cose indescrivibili che si trovano oltre la Soglia. Aveva visto e parlato con Dei e Demoni, sia oscuri che luminosi, e aveva disvelato misteri che erano antichi già prima che i primi Uomini comparissero sulla Madre Terra.

Lui è stato di fronte a presenze che sono troppo grandi per essere sopportate dalle nostre limitate menti umane, e penso che sia per questo che è impazzito. Sempre che quello che ha narrato qui dentro sia successo veramente, e non sia solo frutto della sua immaginazione».

«Sicuramente è successo. Lui non immaginava niente, lui sapeva. E un giorno saprò anche io…»

Prese in mano il diario, e si avvicinò alla finestra.

«Il diario non è fondamentale, magari servirà ad accellerare le mie ricerche, ma sono sicura che al traguardo a cui voleva arrivare lui, ci arriverò anche io anche senza leggerlo.

I suoi libri alchemici, e tutte le altre sue carte, le ho sempre avute io. Non le ho date a nessuno, anche se mi hanno offerto molti pentacoli per averle. Sono persino stata minacciata, sapete? Ma io ho tenuto duro, e per avere aiuto mi sono rivolta proprio al mio maestro…. Mi ha insegnato a difendermi, con i mezzi che conosceva lui. L’alchimia conosce molte armi….».

Velthur si senì rabbrividire. Per qualche istante, si era illuso di poter sottrarre Harali al sentiero oscuro che aveva intrapreso Aralar, ma ora, dalle sue allusioni, si sentiva certo che ormai Harali aveva imboccato anche lei una strada oscura. La seduzione del potere, unita alla volontà di riscattarsi dalle sue troppo umili origini, l’aveva spinta più degli insegnamenti del monaco maledetto.

Magari la donna credeva di poter essere diversa dal suo defunto mentore, ma si sbagliava.

«Lo so cosa state pensando! State tranquillo, non ho ucciso nessuno. Ma ho sparso il terrore nei cuori di chi mi minacciava!».

«Suppongo che non mi direte come avete fatto….».

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