mercoledì 8 marzo 2017

"I FIORI DELL'IGNOTO" di Pietro Trevisan: 345° pagina.



Qualcuno affermava di averlo visto proprio nei paraggi del Santuario, come se la sua immagine scolpita fosse uscita dalla teca di cristallo in cui era confinata, per vagare a caccia di animi poco nobili e di miscredenti.

Uno di quelli, pochi giorni dopo la festa del Tinsi Kerris, aveva proferito che il Santuario non era diretto da persone pure, perché aveva visto Bekigor salire sulla cima del tumulo, e fare un gesto di disprezzo in direzione della Villa del Santuario. Il classico dito medio.

Il predicatore, un giovane dalla lunghissima barba nera proveniente dalla provincia dell’Ermonevian, era stato subito arrestato dai gendarmi di Mezenthis e condotto alla piccola prigione di Arethyan, ma poco dopo un vasto gruppo di pellegrini si era riunito di fronte alla palazzina dei gendarmi, per protestare contro l’arresto.

Mezenthis aveva acconsentito a scarcerare il predicatore in cambio della promessa che non facesse più commenti sull’amministrazione del Santuario.

Una soluzione molto diplomatica ma che appariva come una toppa messa sopra uno squarcio pronto a riaprirsi.

In quegli anni, Maxtran aveva imparato ad amare il suo ruolo. Aveva scoperto in sé una fede che prima pensava di non avere. Per lui, prima di diventare kamethei etariakh, gli Dei erano sempre stati le potenze del mondo da temere e con cui venire a patti e basta, e non aveva mai condiviso il misticismo dei fedeli più devoti, quelli che erano convinti di poter parlare direttamente con gli Dei ogni volta che pregavano. Gli Dei c’erano, ma erano da tenere a distanza, come per tanti altri Thyrsenna che pregavano sentendo un senso di horror sacri, di “orrore per il sacro”. Un sentimento che aveva sempre caratterizzato gran parte della religione tradizionale.

Era diventato sacerdote solo per motivi di interesse, e all’inizio lo aveva considerato un fastidio, una conseguenza collaterale dell’aver conquistato quell’enorme tesoro, unico in tutto il regno, che a volte lo schiacciava quasi, per la responsabilità che implicava il suo mantenimento.

Poi, in qualche modo, aveva cominciato a credere che quello che gli era capitato fosse stato veramente perché era stato scelto dagli Dei, che Silen aveva eletto lui e la sua famiglia per rinfocolare il suo culto ora quasi ignorato.

Piano piano si era innamorato del suo ruolo, e il suo volersi occupare del Santuario, se all’inizio era semplicemente voler proteggere la sua proprietà, ora era divenuto davvero un compito sacro, legato a una volontà superiore.

Ora però aveva paura di fallire nel suo compito. Temeva che qualche pellegrino fanatico sarebbe venuto e gli avrebbe strappato con la violenza ciò che gli era stato affidato da Silen.

Per questo aveva preso a frequentare sempre più spesso il Santuario, celebrando riti e donando offerte più spesso possibile. Il resto del tempo lo passava a parlare con i pellegrini, a controllarli, a capirne gli umori, a individuare gli animi più suggestionabili, quelli che potevano creare dei problemi.

Aveva assunto una mentalità sempre più rigida, più moralistica, ma nello stesso tempo aliena da ogni eccesso fanatico. Quando si trattava di far rispettare i digiuni e i riti, l’astinenza dall’alcool e dalle carni, o si trattava di fustigare gli atti impuri come accostarsi alle donne mentre avevano le mestruazioni, o il non rispettare il riposo nelle giornate di festa, o il trascurare le offerte agli Dei, era inflessibile.

Ma era altrettanto inflessibile con certe forme di autolesionismo fanatico, come quelli che si fustigavano fino a sanguinare per offrire il loro sangue come sacrificio a Silen, o eccedevano nel digiuno fino a rasentare il suicidio, e che in certi casi diventava un vero e proprio sciopero della fame per protestare contro il lassismo di certi sacerdoti.

In pratica, voleva riuscire ad esercitare un controllo assoluto su quello che succedeva dentro e attorno al Santuario. Il che era ormai diventato impossibile.

Ormai non ne poteva più, e questo lo spingeva a rifugiarsi sempre di più nel grembo protettivo di Silen.

La notte della seconda luna nuova dopo il Tinsi Kerris fu il momento in cui Maxtran vide la risoluzione finale di tutti i suoi problemi.

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